Dal mondo del lavoro 2022 le indicazioni sono chiare: le aziende devono adeguarsi alle nuove richieste dei giovani talenti per tornare appealing
Sono lontanti – e meno male – i tempi dell’iper lavoro, dello, stress da deadline o il rischio burnout per assecondare aziende e datori di lavoro. Il talento 4.0 ha invertito i rapporti di forza: oggi, se un’azienda vuole assicurarsi le prestazioni di una nuova risorsa deve fare i conti con le richieste dell’interlocutore. Ovvio, resistono eccome ancora casi di risorse spremute, sottopagate, spremute. Il vero spartiacque è rappresentato dalle nuove generazioni, dai nuovi laureati, dai talenti post 2000.
Abbiamo affrontato sul blog Dc Group e sulla nostra pagina LinkedIn i fenomeni del la Great Resignation e del Quiet Quitting. Secondo i dati dell’Osservatorio INPS più di un milione di candidati italiani avrebbe rinunciato al lavoro dall’inizio del 2022 . Tra le motivazioni più frequenti: la volontà di non inserirsi in ritmi di lavoro iper-stressanti, il desiderio di evitare la connessione h24 e 7/7 e la consapevolezza che la rincorsa alla crescita professionale a tutti i costi non è più una priorità nel mondo del lavoro di oggi.
“Indipendentemente da come vogliamo definire questo fenomeno, dobbiamo necessariamente fare una riflessione perché il fatto che molti candidati abbiano, negli ultimi due anni, stravolto i propri valori e abbiano iniziato a considerare il lavoro e la carriera non una priorità: abbiamo sentito storie di alcuni candidati che hanno dato dimissioni volontarie, senza avere una alternativa di lavoro già pronta. Tutto questo ha un impatto notevole anche sulla vita delle aziende che, se non vogliono perdere i migliori talenti, dovranno mettere in campo strategie nuove per raggiungere maggiori livelli di engagement delle proprie risorse”, commenta Francesca Contardi, managing director di EasyHunters, società leader in ricerca e selezione con un Digital Operating Process
Secondo il portale Studenti.it, la tendenza dei giovani di oggi è quella di attenersi alle mansioni che rientrano nella propria job title e di osservare orari ben definiti con poca propensione allo “sgarro”.
Cosa possono fare, dunque, le aziende per evitare che questa situazione possa sfuggire di mano e impattare sui livelli di performance?
<< Poiché, in gran parte delle imprese, la presenza costante in ufficio non è più così scontata, è fondamentale che i manager siano in grado di cogliere – anche a distanza – segnali di malessere o disallineamento delle persone, promuovendo la cultura dell’ascolto e del confronto continuo>>, lèggiamo su Studenti.it
“Essere disponibili al confronto e all’ascolto permette di cogliere, in breve tempo, eventuali criticità, ma soprattutto crea relazioni basate sulla fiducia e aiuta a costruire (o ricostruire) un ambiente sano, nel quale le persone si sentano parte di un gruppo che ha gli stessi obiettivi e gli stessi valori. Non servono grandi slogan, ma ambienti di lavoro flessibili non solo in termini di tempi e luoghi, ma soprattutto di gestione delle persone che, oggi più che mai, desiderano bilanciare nel miglior modo possibile vita professionale e vita privata”, chiosa Francesca Contardi.
Il tema è in costante evoluzione e oggi è obiettivamente difficile stabilire i confini tra la gavetta, la voglia di mettersi in mostra, l’attaccamento all’azienda e il proprio benessere fisico, mentale ed economico. Ciò che è assodato è che è ancora difficile stabilire un sano equilibrio tra i due “contendenti”, le aziende da un parte e le risorse dall’altra. Laddove, però, sì incontrano le esigenze di tutti e due, produttività e successo sono assicurati. Parola di Dc Group!