IL POSTO FISSO, ORAMAI, È SOLO UNA FISSA…

Dicembre 7, 2021

Il fenomeno della Great Resignation o Big Quit è una realtà anche in Italia: boom di dimissioni, anche da posti fissi. Gli italiani cercano altro. È un cambio culturale definitivo?

“Accetta qualsiasi lavoro che ti garantisce il posto fisso”, “Accetta il lavoro che ti dà da mangiare”, “Non lasciare mai il posto fisso”. Quante generazioni sono nate a suon di sentenze come queste, compresa quella di chi scrive (nato nel 1986). Un approccio tipicamente all’italiana, un retaggio culturale che ha visto tanti lavoratori assecondare il dogma del posto fisso pur avendo percorsi di formazioni, ambizioni professionali e gusti completamente diversi.

Secondo la visione del posto fisso “sacro”, poco importa che tu non sia realizzato, poco importa se fai un lavoro che non ti va di fare, ciò che conta è la stabilità del posto di lavoro, non quello che desidereresti e che ti renderebbe felice.

Un mercato del lavoro così stagnante come quello italiano, le poche possibilità di potersi permettere passi falsi, hanno stabilito che questa impostazione culturale abbia dominato per decenni e tutt’ora è si fa sentire eccome. Ma il trend si sta invertenendo.

Come ha detto oggi Il principe Harry: “Cambiate lavoro se non vi fa stare bene, come ho fatto io”! E grazie al… Principe!

Scherzi a parte il trend degli ultimi mesi è sorprendente: 485mila italiani hanno dato le dimissioni volontarie dal posto di lavoro. Secondo uno studio di Bankitalia, nei primi dieci mesi del 2021, sono state ben 777.000 le cessazioni volontarie di rapporti di lavoro a tempo indeterminato (+ 40.000 rispetto alla fase pre-Covid). Un fenomeno che prende piede in Italia da circa 2 anni, ma che trova riscontri anche nel resto del mondo. Negli Stati Uniti, per esempio, solo nel mese di agosto, 4 milioni e 300mila lavoratori hanno dato le dimissioni.

È la Great Resignation o Big Quit: un numero crescente di persone, abbandona il lavoro prima di aver trovato un’alternativa. La crisi sanitaria ha evidentemente innescato una bomba economico-sociale che mette ora in primo piano “quello che ci va di fare” rispetto a “quello che dobbiamo fare per forza”. Ovviamente nei casi in cui ce lo si può permettere.

La diffusione dello smart working – solo 2 anni fa riservato ad una nicchia di lavoratori –  ha creato delle vere e proprie aspettative ed esigenze per i lavoratori di oggi. Il lavoro agile ha smosso le coscienze e ha migliorato la vita di tanti, eliminando il tempo dedicato al tragitto casa-lavoro, rigenerando i rapporti nelle famiglie e rendendo la casa sempre più funzionale e connessa. Sperimentare una vita sconosciuta e per tanti versi migliore ha cambiato anche il retaggio culturale per cui il posto fisso è impossibile da rifiutare, relegandolo alla stregua di “una fissa” che appartiene oramai a generazioni passate.

L’altra faccia della medaglia è l’aumento vertiginoso delle Partite IVA, quindi la popolazione degli “autonomi” che si mettono in proprio per dare spazio ai loro progetti e alle loro ambizioni professionali.

<<Un sondaggio ha anche rivelato che i tassi di dimissioni volontarie sono più alte fra i dipendenti a metà carriera, in un’età compresa fra 30 e 45 anni, che registrano un aumento medio di oltre il 20% tra il 2020 e il 2021>>, leggiamo su QuiFinanza.

Una tendenza che si consoliderà o un fenomeno passeggero? Crediamo più nella prima ipotesi, ma, staremo a vedere!

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