È il risultato di un’articolata ricerca appena pubblicata su Nature Computational Science. Il lavoro da remoto riduce gli incontri casuali e le conseguenti comunicazioni tra i ricercatori, interrompendo i flussi di idee!
Un gruppo di ricerca del Senseable City Lab del Massachussets Institute of Technology aveva iniziato un progetto di ricerca nel 2019 sugli scambi di idee tra i ricercatori del famoso centro di ricerca americano.
Poi è arrivata la pandemia e anche il personale del MIT ha iniziato a sperimentare lo smartworking.
Lo smartworking ha permesso anche ai ricercatori di rimanere in contatto tramite le e-mail, le videoconferenze, le chat e fin qui nulla di nuovo. Ma lo studio avviato nel 2019 in presenza è stato completato con la mole di dati estrapolati dalla nuova fase di lavoro da remoto.
<<L’articolo pubblicato su Nature Computational Science analizza i flussi di posta elettronica di 2.834 docenti e ricercatori che lavorano in più di 100 Dipartimenti e laboratori di ricerca del MIT, scambi effettuati tra il 26 dicembre 2019 e il 15 luglio 2021. I risultati principali dello studio dimostrano che l’istituzione di un regime totale di lavoro a distanza a partire dal 23 marzo 2020 ha causato un calo del 38,7% del numero di nuovi legami deboli formati tra i colleghi, con un impatto cumulativo nel tempo. Nei 18 mesi presi in analisi dallo studio, questo calo iniziale è equivalso a una perdita prevista di oltre 5.100 nuovi legami deboli, circa 1,8 a persona. Anche se a colpo d’occhio non sembra molto, la perdita è comunque sostanziale in un ambiente come quello della ricerca, che si nutre di interazioni soprattutto tra discipline diverse, ma non solo. Lo studio rileva che le cosiddette “ego networks” (le reti di contatto e scambio che sono proprie di ciascun individuo) sono diventate via via più stagnanti nel corso dei mesi di lavoro lontani dalla sede fisica dell’ufficio. Venendo a mancare i legami deboli si è intensificata la connessione tra i legami forti: insomma, i ricercatori hanno continuato a comunicare molto, ma solo con le persone con cui avevano già collaborazioni aperte>>, spiega bene il Corriere Nazionale
La definizione di “legami forti” e “legami deboli” l’avevamo già affrontata in altri focus pubblicati sul blog Dc Group ed è stata introdotta per la prima volta nel 1973 dal sociologo americano Mark Granovetter: i legami forti riguardano gruppi definiti di persone che lavorano in stretta collaborazione e per diverso tempo,, mentre i legami deboli si stabiliscono tra membri singoli di gruppi diversi, con interazioni più irregolari. È proprio tra i legami deboli, però, che si creano i flussi di idee più importanti nel mondo della conoscenza, della ricerca e dell’innovazione.
Il graduale rientro in presenza sta di nuovo invertendo la tendenza. Quale nuovo equilibrio per il futuro?
Per Carlo Ratti, Direttore del Senseable City Lab, questa evidenze empiriche: “Significa che dobbiamo tornare al 100% nel nostro ufficio? No. Manterremo la flessibilità del lavoro a distanza. “Dobbiamo sviluppare un regime di lavoro che enfatizzi il meglio di ciò che lo spazio fisico può fare per noi”.