Oggi, 1° marzo, ricorre la Giornata internazionale contro la discriminazione. La giornata è stata istituita nel 2014 da Michel Sidibé, direttore esecutivo di Unaids, (il programma delle Nazioni Unite per l’Aids/Hiv) per promuovere la riflessione e la sensibilizzazione sulle discriminazioni, di qualsiasi tipo, nel mondo.
Il messaggio generale della “Zero discrimination day” è il ripudio di ogni forma di discriminazione: l’orientamento sessuale, la religione, la disabilità, il colore della pelle, la lingua, la provenienza geografica e per qualsiasi altra motivazione.
8 anni fa si è sentita l’esigenza di istituzionalizzare questo giorno per la serie di discriminazioni perpetrate in tanti Paesi e nei confronti di tante minoranze. In Italia la nostra Costituzione all’art. 3 recita
“Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese.”
Eppure anche il nostro Paese si è spesso reso protagonista di varie forme di discriminazione. Questo 1° marzo 2022 è poi perfettamente esemplificativo di quanto il mondo attuale, anche quello più “industrializzato e civile” sia lontanissimo dal raggiungere un livello di convivenza pacifica tra le varie espressioni dell’essere umano.
Da 6 giorni infatti, dal 24 febbraio, è in corso una sanguinosa guerra territoriale tra Russia e Ucraina, nonostante i valori ribaditi dall’articolo 21 della Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea e dall’articolo 14 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo promuovano l’uguaglianza, la non discriminazione e la convivenza pacifica tra tutti i Paesi.
Eppure, all’alba del 24 febbraio, il presidente russo Vladimir Putin ha dato l’ordine di invadere l’Ucraina e le truppe di Mosca sono ormai alle porte di Kiev. <<La decisione è avvenuta poco dopo il riconoscimento ufficiale delle repubbliche separatiste del Donbass situate in territorio ucraino, Donetsk e Lugansk, e l’invio di truppe nel territorio con la motivazione ufficiale di un’iniziativa di peacekeeping. Ma la crisi tra Russia e Ucraina non è scoppiata all’improvviso: il contrasto dura apertamente da otto anni: ovvero da quando nel 2014, dopo la Rivoluzione di Euromaidan culminata con la cacciata dell’allora presidente Janukovyč, Mosca ha invaso e annesso la penisola di Crimea e sostenuto i movimenti separatisti nella regione del Donbass, in Ucraina orientale. Ora che la Russia è passata all’attacco, dal canto loro Europa e Stati Uniti non possono stare a guardare: l’Ucraina si trova ai confini con l’UE e con la NATO (di cui la Russia teme un ulteriore allargamento a Est), ed è un punto di passaggio cruciale per la fornitura di gas proprio dalla Russia>>, ricostruisce correttamente l’ISPI, Istituto per gli Studi di Politica Internazionale, tra i più prestigiosi think tank dedicati allo studio delle dinamiche internazionali.
Come ha ribadito il presidente Draghi in Senato questa mattina: “Negli ultimi decenni, molti si erano illusi che la guerra non avrebbe più trovato spazio in Europa. Che gli orrori che avevano caratterizzato il Novecento fossero mostruosità irripetibili. Che l’integrazione economica e politica che avevamo perseguito con la creazione dell’Unione Europea ci mettesse a riparo dalla violenza. Che le istituzioni multilaterali create dopo la Seconda Guerra Mondiale fossero destinate a proteggerci per sempre. In altre parole, che potessimo dare per scontate le conquiste di pace, sicurezza, benessere che le generazioni che ci hanno preceduto avevano ottenuto con enormi sacrifici. Le immagini che ci arrivano da Kiev, Kharkiv, Maripol e dalle altre città dell’Ucraina in lotta per la libertà dell’Europa segnano la fine di queste illusioni.
Ora la circostanza che ci vede oggi, Giornata contro ogni discriminazione, assistere a questa guerra squarcia il velo di ipocrisia che accompagna spesso i discorsi teorici in tutti gli ambiti, dal lavoro alla politica, dallo sport alla scuola.
L’invasione dell’Ucraina è un attacco alla nostra concezione dei rapporti tra Stati basata sulle regole e sui diritti e sul rispetto delle minoranze. Quale sarà l’epilogo di questo assurdo conflitto a 2 ore dall’Italia?
Ancora non lo sappiamo, speriamo sia ristabilita al più presto la pace e siano poste le basi per evitare a tutti i costi che in futuro si ripetano atti di violenza, guerra o terrorismo.
La non discriminazione è un pilastro della vision e della mission di Dc Group. Purtroppo non è così per tutti.